Tàmbor e teremòt in Dialetto Bergamasco
Le due locuzioni, oggi poco usate – non certo perché non più valide o applicabili -, non sono traducibili in italiano, tranne che con un lungo giro di parole.
Tàmbor e teremòt si dice di uno poco avveduto, poco intuitivo, non molto intelligente “chèl ventra mia sö”. Dopo questa esplicitazione dovrete convenire con me che la terminologia in oggetto è quanto mai applicabile anche a qualche soggetto del nostro tempo, perché “de tàmbor e de teremòcc” se ne trovano vari anche ai giorni nostri!
Al seguito di queste affermazioni, vi sono anche le evoluzioni: “poèr tamburù, poèr teremòt”, che, con l’aggiunta di “poèr” (poveretto) appesantisce l’affermazione quasi dispregiativa di uno che poverino non ci arriva, forse per una mancanza genetica, perché duro di comprendonio.
Ulteriore affermazione in tema: “L’è ü poèr talambàr” (sinonimo di Tàmbor e usato soprattutto in Val Brembana). Sempre sull’argomento di persone poco argute non è infrequente trovare anche l’affermazione
“l’è intréch” nel senso di duro a capire anche le cose più semplici. L’apice è poi l’affermazione:
“L’è intréch come öna bora”. Dicasi di uno stupido che capisce ben poco, grullo e analfabeta.
Potrebbero sembrare tutte affermazioni offensive, ma dobbiamo tenere presente che nel dialetto l’affermazione è frequentemente sostenuta da una sana vena ironica, e poi comunque, le cose vengono definite per quelle che sono senza tanti giri di parole, perché “chél ca l’è l’è, sènsa tace storie” (quello che è è, senza tante storie).