Soggetti lenti in Dialetto Bergamasco
A proposito di soggetti poco attivi, piuttosto lenti alla reazione e di poca voglia, mi è venuta l’idea di spiluccare nel nostro dialetto bergamasco alla ricerca di alcune locuzioni colorite ed efficaci che, facendo riferimento alle caratteristiche di alcuni animali, definiscono questa tipologia di persone.
In primis metteremo “ol lifròch” o anche “lifròcù” che non è proprio un animale, ma è il capostipite di coloro che sono lazzaroni, perdigiorno e che stanno stravaccati senza combinare nulla fino a sera.
Se uno viene definito “Lóch” (allocco) sappia che non è proprio un complimento. Con questo termine il dialetto definisce uno che non brilla proprio per vivacità, ne consegue l’affermazione: “Che lóch… Madona che lucù..”, anche “O mai ést ü lóch compàgn… “.( non ho mai visto un simile allocco).
“Fa del lóch” significa fare lo gnorri, fingendo di non capire. In senso zoologico si dice che: “La nòcc l’è fàcia per i lóch e per i sgrignàpole” (la notte è fata per gli allocchi e i pipistrelli).
“La lömaga” (lumaca) è sinonimo di lentezza e di persona pigra: “L’è ü lümaga” anche “ma fiöi che lömagòt cà to sé” (mamma mia che lumacone che sei).
Per completare la triade arriviamo a “la löserta” (lucertola) . Si affibbia questa definizione a colui che è fiacco e pigro e che, come la lucertola, si ferma a godersi il sole. “Al ghè piàs istà al sùl compàgn di löserte” (gli piace stare al sole come alle lucertole). Se poi uno esagera nel poltrire lo si definisce “lüsertù” (lucertolone).
Se i tre animali presi in considerazione possiedono una loro specifica bellezza, non si può dire altrettanto per il paragone che se ne fa con le persone. Quindi, a seconda dei gusti, se ne può dedurre che, anche nella nostra società, non abbiamo bisogno di “lóch, lümaghe e löserte”, ma di soggetti più svegli e con voglia di fare…
Giulià Todeschì