Un proverbio bergamasco dice che: “Ü pàder a l’mantè dès fiöi, ma dès fiöi i mantè mia ü pader”.
(Un padre mantiene dieci figli, ma dieci figli non mantengono un padre), per dire che un genitore fa di tutto per i figli, ma che da loro non deve aspettarsi alcun aiuto, perché quelli a una certa età se ne vanno e chi s’è visto s’è visto.
Però fin che sono in casa è obbligato a mantenerli, a tempo indeterminato, quand’anche l’indigenza dei figli dipendesse dalla loro scarsa attitudine ai piegamenti di schiena…
D’altra parte che colpa si può fare ad un figlio che non trovando un lavoro confacente alla sua condizione e alle sue… aspettative preferisce “fa ‘l mestér del Michelàss: mangià e biv e ‘ndà a spàss”?
Ridiamoci sopra, siamo in prossimità del carnevale!
A proposito: il verbo ridere in dialetto bergamasco possiede diverse sfumature che vanno dal semplice “grignà” al più sonoro “sgrignassà” (sghignazzare), ridere smoderatamente quel riso contagioso e tipico magari dei dì di festa. Ma non dimentichiamo anche “grignunà”, magari a seguito del gustarsi di una bella “barzelèta”.
Più sottile è invece il “grigninà” (sorridere), quel ridere più o meno deciso, ridere leggermente ma per scherno o con una certa punta di sdegno. Secondo vari psicologi il ridere fa bene e allora usiamo, quando possiamo, di questa semplice e benefica cura: “grignomm “ (ridiamo), ma ricordiamoci anche che
“spöl mia semper tösö töcc i laùr in grignà” (non si può sempre prendere tutte le cose sul ridere).