“La ceramica è come la vita”, inaugurazione dell’esposizione di ceramica in memoria di Daniele Sicigliano

“La ceramica è come la vita” è il nome dell’esposizione in memoria di Daniele Sicigliano che  sarà inaugurata Sabato 10 giugno, alle ore 18.30 a Bergamo in Piazza Pontida 23/a presso lo spazio espositivo dell’Associazione “Tutti giù per Terra”. Ricordiamo che la mostra sarà visitabile il martedì e il sabato dalle 16 alle 19,  il mercoledì e il venerdì dalle 10 alle 12. L’evento è organizzato dall’Associazione “Tutti giù per terra” . Qui una lettera del Presidente dell’Associazione, Luca Catò:

Conosco Daniele da sempre,

Siamo nati e cresciuti nello stesso quartiere, abbiamo frequentato le stesse scuole, le stesse strade, il parco, l’oratorio. Daniele aveva, più o meno, l’età di mia sorella, e uno come lui può esserti solo due cose: o amico o fratello.

Daniele Sicigliano

Daniele Sicigliano

Nel mio caso non c’è possibilità, certamente fratello. È per questo che mi risulta faticoso raccontare del suo lavoro. Nondimeno, avendolo avuto come allievo ai corsi di ceramica per un lungo periodo, avendolo visto e rivisto lavorare e creare e voglio provare a dire qualcosa del suo mondo espressivo e dei suoi processi creativi. Le opere di Daniele Sicigliano possono sembrare tutte simili tra loro. Anche ad uno sguardo attento, la sua azione creativa pareva replicarsi in modo ripetitivo. Tuttavia, il suo modo di operare era molto vicino ad alcune performance contemporanee, era una specie di happening. Perché si possa capire meglio il suo lavoro e non liquidarlo semplicemente come naïf, riprendo uno scritto che ho steso per lui qualche anno fa, nell’occasione di una sua precedente mostra. Da allora sono trascorsi dieci anni, ma mi pare che queste parole possano aiutare a capire l’essenza delle opere ceramiche esposte e, soprattutto, la natura del loro creatore. La rete è l’ultimo atto…. Prima c’è i l lavoro con l’argilla, la creazione di una forma: un vaso, un piatto, una brocca, un bicchiere. Terminata la realizzazione dell’oggetto Daniele applica strati di creta: blocchetti, colombini, piccole palle. Poi estrae il suo kit di penne, molte senza punta, e comincia ad incidere, premere, bucare, stendendo una trama di tessiture plastiche progressive. Una volta che l’oggetto é secco e poi cotto, egli si dedica alla fase tradizionale della decorazione ceramica: sceglie i colori e ripete, variandola, la struttura alveolare che aveva praticato sulla superficie argillosa. Si muove da sé, dal proprio nucleo emotivo, sentimentale e percettivo; va via sicuro perché c’è l’horror vacui che lo guida: nessuna superficie deve rimanere libera!

Alla fine arriva la rete. Incisa o dipinta; bianca o nera. Tutto viene di nuovo ricostruito. Non si può, pertanto, fermarsi a ciò che si vede. Il processo è essenziale, non è indifferente. Le ceramiche che abbiamo sotto gli occhi sono una testimonianza, prima di tutto, di questo lungo iter creativo; per poterne comprendere il valore dobbiamo seguirlo, leggerne e riconoscerne la stratificazione. Quello di Daniele è un procedere serio, paziente, meticoloso; un compito che lo assorbe, lo ricrea, non lo affatica mai e non conosce noia. Egli parte dal caos, si muove dall’ignoto, aggrega nuclei decorativi come se fossero atomi, li moltiplica come gli organismi fanno con le cellule, e lo fa senza sosta. Quello che emerge alla fine é un universo, in apparenza parcellizzato,  ma se osservato e ascoltato, è vivace, fluido, dinamico, dove i colori si amalgamano e si sfumano. La rete serve per contenere, per ripristinare i legami. Daniele lo dice spesso a parole: “l’importante é volersi bene!”. Ma lo dice in modo chiaro nelle sue opere: è necessario “tenere insieme”. Se il cosmo con le sue leggi e i suoi rapporti urla e sussurra, Daniele con fedeltà ascolta e ripete: porge il suo sensibile orecchio e traduce parole nella sua specialissima lingua. Penso che la “fiaba” che abbiamo sotto gli occhi vada presa in massima considerazione: in queste opere in ceramica è contenuto un verbo autorevole, una verità pronunciata da un’anima candida che conosce perfettamente il senso del limite e ha sperimentato nel corpo la privazione e la sofferenza. …Eccolo, magro, con la sua voce sottile e il suo proverbiale ed enigmatico saluto: “Ciao, io sono Daniele e come hobby faccio i disegni con le biro” La voce e il saluto mi rimangono nelle orecchie. Non posso dire che non ne senta la mancanza, ma in qualche modo, tenendo tra le mani le sue ceramiche, mi pare di ritrovarlo intorno; credo poi, alla virtù della nostalgia che – se riguarda la vita di una persona cara – è il segno vivo di una presenza. La mostra vuole, per tanto, “fare memoria”; l’esposizione tiene a sottolineare che abbiamo avuto una buona occasione: Daniele Sicigliano ci è stato vicino e ci è stato amico. Per chi non ha avuto questo onore, gli si offre comunque la possibilità di scoprire le sue ceramiche. Posso con certezza affermare che, in questo specialissimo caso, arte e vita si sono perfettamente intrecciate e ci hanno regalato una sintesi autorevole. Così osservando il corpo tormentato e vetroso delle opere di Daniele mi viene da dire che… La vita è gioia, leggerezza, solitudine, estraneità; è anche dolore. É l’improvvisa fortuna, l’affacciarsi di una luce, l’annodarsi di una strada, il disciogliersi di un dubbio; la vita è il sorpreso avvicinarsi di un amico, il passaggio vago di un sogno, è la forza stabile, certa, indelebile di un colore.

 Luca Catò

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