Oggi prenderemo in considerazione alcuni detti e proverbi dialettali che si riferiscono alla gioventù ed alla vecchiaia. Partiamo dal dato di fatto che, nella concezione delle passate generazioni, il vecchio, o meglio la persona di una certa età, godeva di un rispetto e di una riverenza pressoché d’obbligo in virtù dell’esperienza e della saggezza acquisita nel corso degli anni della propria vita.
A tal proposito si diceva: “Al val piö ü ècc che sento zuègn” (vale più un vecchio che cento giovani) e si diceva anche “Al val piö ü ècc in dü cantù, che sento zuègn gonfalù” (vale più un vecchi in un angolo, che cento giovani gonfalonieri) per cui “bisogna rispetà i ècc” (bisogna rispettare i vecchi) e guardarsi bene dal provocare la loro maledizione perché “i sentense di ècc i tàca” (le maledizioni dei vecchi non restano senza funeste conseguenze). Le persone anziane hanno sempre costituito un prezioso bagaglio di saggezza tanto che si diceva: “öna cà senza ècc l’è compàgn d’öna cà senza tècc” (una casa senza vecchi è come una casa senza tetto). Anche se il rammarico delle stagioni passate rimane, infatti: “Quando s’è ècc, bisognerès püdì turnà zuègn” (quando si è vecchi bisognerebbe poter tornare giovani).
Certo che, diventando vecchi, oltre al sopravvenire di problemi di salute accrescono anche le fissazioni per cui: “quando s’vè ècc al dà fò töce i magàgne” (quando si invecchia scoppiano tutti i malanni) e per di più “a dientà ècc, a s’ dienta süspetùs” (diventando vecchi si diventa sospettosi) forse perché istruiti dall’esperienza?
Nei confronti della gioventù si diceva: “la zuentü la gh’à una gran montagna de passà” (la gioventù ha una gran montagna da passare) e ancora :”la zuentü la öl fà ol sò sfogo” (la gioventù vuole il suo corso). Così “töcc a s’ völ fà la sò passada, l’è mèi fala prèst che tarde” (tutti voglio fare le proprie pazzie, meglio presto, cioè in gioventù, che tardi).
Ma sappiamo che anche la gioventù ha la sua breve durata per cui: “de ente la forza, de trènta l’inzégn, de quaranta la ròba, de sinquanta la gòba, de sessanta ‘l bastù e de setànta a masù” (a vent’anni la forza, a trenta l’ingegno, a quaranta la roba, a cinquanta la gobba, a sessanta il bastone e a settanta a pollaio, cioè a riposo: la sepoltura). Ancora:“I recàpecc de la ègèssa i è: bastù, ögiai, balù e bragher “(i documenti della vecchiaia sono: bastone, occhiali, ernia e cinto). Al di sopra di tutti questi malanni tuttavia concludo con l’augurio a tutti che : “l’è mèi cràpa pelàda che cràpa sotràda” (meglio testa pelata, a seguito della caduta dei capelli, che testa sotterrata).
Auguri a tutti di buon invecchiamento.
Video Il vecchio e il bambino, cantato dal bambino con immagini.