Epifania: “Befana” e “I Re Magi” Storie e Tradizioni

Eccoci arrivati all’Epifania che si sa, tutte le feste le porta via! Epifania e i Re Magi! Dal punto di vista esoterico cristiano, un tempo l’Epifania era la data originale della nascita del Cristo ed è ancora celebrata come tale dalla Chiesa Cristiana Orientale. Questa seconda nascita del Cristo, esotericamente, è in relazione con il suo corpo multidimensionale ed è associata al battesimo. Come tutte le tradizioni religiose di questo periodo anche quella dei Magi è avvolta di grandi misteri. Noi siamo abituati a chiamarli “Re”, ma in altre culture sono chiamati “Uomini saggi“, infatti di loro si ritiene che fossero uomini di alto lignaggio, che potevano permettersi ricchi doni, ma che non fossero davvero re, quanto degli studiosi, capaci di decifrare messaggi astrali di pianeti e congiunzioni. E’ da questa loro capacità quasi magica, di interpretare gli astri e la loro simbologia, che viene l’appellativo di Magi (maghi).

A guidarli sembra non fu una stella (e nemmeno una cometa) semplice da seguire, ma, si pensa, piuttosto delle congiunzioni planetarie che si susseguirono e alle quali era possibile attribuire dei significati. Ad esempio si pensa che quello che i Magi osservarono fosse forse un allineamento Giove Saturno in Pesci. Giove simbolo della “regalità”. Saturno simbolo della “giustizia”. La costellazione dei Pesci era il simbolo della “casa di Davide” e quindi di Israele. La congiunzione era inoltre inizialmente visibile ad oriente, dove sorge il Sole e quindi dove nasce la luce. L’avvenimento poteva allora essere interpretato come: Un nuovo Re di giustizia sta nascendo in Israele. Tuttavia astronomi e studiosi non convergono su una spiegazione univoca circa la stella che guidò i Magi. Molti affermano che l’avvenimento astronomico che annunciò la nascita di Gesù era totalmente miracoloso , dunque è inutile cercare di dargli una spiegazione scientifica.

Siamo abituati a pensare ai re Magi come a 3, ma 3 è verosimilmente un numero simbolico, in certe tradizioni sono 12, in altre 4, ma uno arrivò più tardi, in altre 2. Il numero 3 è intanto un numero con valenza sacra, inoltre ci permette di vedere in loro più etnie (caucasica, nera e indiana), più età (giovane, matura e anziana), diversi credi religiosi. Anche i nomi dei re Magi fanno parte della tradizione popolare e non sono i loro veri nomi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.

Essi portarono in dono l‘oro, il simbolo dell’essenza divina di Gesù, il Cristo re dell’universo, l’incenso, erba che veniva bruciata nei riti sacri e di culto, in questo caso celebrava l’adorazione per Gesù, ma ne sottolineava anche la caratteristica di Cristo-Sacerdote, cioè di tramite fra il Padre e gli uomini. E infine la mirra, una resina amara estratta da un albero, utilizzata negli unguenti per le cerimonie sacre dei morti, che sembra anticipare il sacrificio della passione e morte di Gesù. Esiste anche una storia molto bella della Befana. Si tratta di una Fiaba raccolta da Don Giampaolo Perugini  e che dice cosi :

“In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente. Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”.

Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.

Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re.

Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio.

Una bella canzone, su testo di Giacomo. Alessandro Gavazzeni (1881-1965; medico e poeta) in parte rielaborato dal Luciano Ravasio, autore della musica.

Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa. Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”.

La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione. Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.

Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare. Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona. Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.

Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”. E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù. Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni. È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.” E’ veramente bella questa fiaba. Piace molto ai picoli, ma anche ai grandi!!!

 

Vediamo anche un’altra visione sulla figura della Befana

Il 6 gennaio è il culmine dei 12 giorni che partono dal Solstizio d’inverno. Dando uno sguardo alla storia , vedremo che la dea che usava la scopa nell’antichità era Ecate, dea del pioppo nero e del salice: nel Nord Europa il legame del salice con le streghe è così stretto che la parola witch (“strega”) deriva dallo stesso nome che anticamente designava il salice, da cui deriva anche wicker (“vimine”). Infatti tradizionalmente la scopa delle streghe inglesi è fatta ancor oggi con legacci di vimine in onore a Ecate. La grande Madre Lunare mediterranea, che per i Celti era la Matres Trivia, è diventata dunque una temibile megera, la vecchia “Nonna del Diavolo”, quella stessa che nella tradizione popolare germanica d’origine celtica assume diversi nomi: la “Nonna”, dispensatrice di regali per i bimbi buoni (i “giovani a lei fedeli”) volando su di una scopa nella notte dell’Epifania. Purtroppo la dea Ecate, al momento in cui il patriarcato divenne imperante, fu sempre più considerata una divinità negativa, legata alla morte; in realtà Ecate è la rigenerazione, è forza creatrice. A lei sola, oltre a Zeus, era riconosciuto il potere di concedere o vietare all’umanità l’appagamento dei desideri e di regolare, come Dea-Luna, le nascite di uomini, animali e piante.

Anche la Befana è collegata con gli spiriti dei defunti e degli antenati e la sua effige andava bruciata perchè la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, periodo di passaggio tipico dei 12 giorni appena passati, andasse simbolicamente chiusa. La Befana più che mai è la strega/sciamana e ci sono in tal proposito diversi studi e pubblicazioni come il libro “L’incanto e l’arcano” per capire l’antropologia della Befana.

Nel libro “Fate o Befane, streghe o guaritrici” , l’autrice Daniela Braccini scrive:

“Se la Befana ce la ricordiamo tutti vecchia, brutta e secca è perché in lei è rappresentata la natura del mondo che ha dato tutto di sé, si è spogliata di ogni risorsa affinché la vita possa dare frutti in primavera, è sporca di terra e sta tutta gobba perché le fatiche e le pene che il lavoro dei campi richiede lasciano il segno; adesso il suo ciclo è finito, il fantoccio esausto di Madre Natura si fa vittima sacrificale e sale sulla catasta di legna per lasciarci un ultimo regalo, le ceneri del suo falò che serviranno a concimare le fertili zolle (…).”

 

La Befana è l’immagine di Madre Terra

Colei che presiede a tutto ciò che si rinnova e dispensatrice di doni e frutti, alla terra sono legati i regali che nella tradizione elargisce ai bambini: fichi secchi, noci, castagne, mele diventati ai giorni nostri tanti dolciumi industriali. Con il trascorrere dei secoli la Befana perde la propria connotazione benigna di Madre Natura e, sotto la spinta del cristianesimo, comincia ad essere considerata una sorta di strega.  Nel Medioevo, periodo a tinte fosche in cui forti sono le credenze e le paure popolari, la componente magica e demoniaca trasforma una divinità della fertilità in una vecchia malvagia e dissoluta legata a satana. Il mito legato al periodo romano di Diana, dea notturna e dell’abbondanza che, in compagnia di altre donne, sorvolava i campi appena seminati per renderli fertili, decade sino a trasformare queste donne in malvagie streghe brutte e sdentate, dai capelli arruffati e dagli abiti cenciosi, aprendo così la strada all’iconografia della Befana giunta sino ai giorni nostri.  By Carlo Picinali

Buona Befana a tutte e a tutti!

TRADIZIONE E CULTURA BERGAMASCA

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