Largo un metro e mezzo per 340 kg circa. Per la modica cifra di circa tremila dollari. Il primo, vero,forno a microonde della storia (sotto il nome di Radarange) era ben lontano – per costi e dimensioni – dalle versioni domestiche che tutti conosciamo; tanto che i primi a utilizzarlo non furono le casalinghe, bensì i ristoratori degli Stati Uniti, dove era stato inventato alla fine degli anni Quaranta. Solo loro infatti, così come gli chef delle grandi navi da crociera o dei vagoni-ristorante dei treni a lunga percorrenza, potevano permetterselo: luoghi dove il nuovissimo elettrodomestico poteva sfamare, infretta, una moltitudine di persone. E soprattutto, dove il grande afflusso di clienti poteva ripagare l’ingente investimento.
La storia di questo forno, però, non comincia tra pentole e padelle, ma in un incontro d’affari tra alcuni eminenti scienziati britannici e Percy Lebaron Spencer (1894-1970), ingegnere americano dellaRaytheon. Erano gli anni della Seconda Guerra Mondiale e l’Inghilterra aveva da poco messo a segno una rivoluzione nel campo dell’industria bellica: aveva creato il radar a microonde, un sistema in grado di intercettare gli aeroplani tedeschi grazie alle microonde prodotte da un dispositivo noto comemagnetron. Il motivo che aveva spinto gli scienziati a quel viaggio oltreoceano era la necessità di produrre un numero sempre maggiore di quei magnetron, ma l’industria britannica non poteva rispondere a tutte le richieste. L’incontro con quelli della Raytheon, società a servizio della difesa americana, era nato così. Percy Spencer raccolse la sfida degli scienziati, e la vinse: nel giro di pochi giorni mostrò loro come fosse riuscito a produrre i magnetron in modo semplice e veloce.
Dai radar alle cucine, il passaggio verso lo sviluppo del forno a microonde avvenne grazie a unabarretta di cioccolato. Un giorno, nel 1945, Spencer stava lavorando vicino a un magnetron quando si accorse che il dolcetto che aveva in tasca si era sciolto. Un caso? Non proprio, visto che anche i chicchi di mais esplodevano se messi vicino allo strumento acceso, trasformandosi in croccanti pop corn. L’energia trasportata dalle microonde, infatti, riscaldava (e cuoceva) i cibi, smuovendo le molecole (acqua soprattutto) contenute all’interno dell’alimento.
Così, dopo l’affare dei radar, Spencer portò alla Raytheon anche quello del primo forno a microonde. Ma il Radarange che uscì dalla fabbrica nel 1947 non assomigliava per nulla a quelli che conosciamo: solo qualche anno più tardi avrebbe assunto le caratteristiche che oggi ci sono familiari. Lo fece per la precisione il 25 ottobre 1955, quando la Tappan Stove Company mise in vendita a Mansfield, nell’Ohio, il primo microonde domestico da parete, con alimentazione a 220 volt, con cui cuocere e riscaldare a 500 o 800 watt. Le dimensioni si erano ridotte di parecchio, i prezzi un po’ meno. Tanto che le casalinghe, a parte quelle che sorridevano dai manifesti pubblicitari, cominciarono ad avere il microonde nelle loro cucine solo intorno agli anni Settanta.
Un comune forno a microonde consiste delle parti seguenti:
- un magnetron,
- un circuito elettronico di controllo e alimentazione del magnetron,
- una guida d’onda,
- una camera (o tecnicamente cavità) di cottura.
- una rete metallica (sullo sportello)
Il magnetron, alimentato ad alta tensione in corrente continua di 2 000 V, genera un campo elettrico alternato nella frequenza delle microonde, normalmente 2,45 GHz (lunghezza d’onda di 12 cm) con una potenza solitamente compresa tra 800 W ed 1 kW, che la guida d’onda invia alla camera di cottura. L’acqua, i grassi e i carboidrati che costituiscono il cibo assorbono l’energia delle microonde in un processo chiamato riscaldamento dielettrico: le molecole sono in generale dipoli elettrici, ovvero hanno una estremità con carica elettrica positiva e un’altra con carica negativa; sono per questo sensibili al campo elettrico (alternato), che cambiando continuamente il suo verso induce le molecole a ruotare. Questo movimento genera calore attraverso forze di attrito con le molecole vicine e si ha quindi un riscaldamento.
A volte il riscaldamento viene spiegato erroneamente con la risonanza delle molecole d’acqua alla frequenza delle microonde. La frequenza di risonanza dell’acqua è molto più alta, dell’ordine dei THz,[1] e si riferisce ai moti di vibrazione molecolari, mentre le microonde eccitano i moti di rotazione.
Le microonde riscaldano con più efficienza l’acqua, ma in misura minore anche grassi, zuccheri e ghiaccio.
La camera di cottura è sostanzialmente una gabbia di Faraday che impedisce la fuoriuscita di microonde.
Il portello del forno è di vetro per permettere la visione della pietanza all’interno, ma include uno strato di rete metallica fine come schermo elettromagnetico. Poiché la larghezza delle maglie è inferiore alla lunghezza d’onda delle microonde (12 cm), la radiazione non può attraversare la rete mentre la luce, di lunghezza d’onda molto più piccola delle maglie, può passare. Il meccanismo di chiusura del portello include appositi interruttori che spengono istantaneamente il magnetron in caso di apertura a forno acceso, evitando la fuoriuscita di microonde.
Il magnetron deve essere alimentato con un tensione in corrente continua di diverse migliaia di volt. Questa tensione viene prodotta a partire dalla tensione della rete elettrica per mezzo di un trasformatore seguito da un raddrizzatore e uncondensatore. Un relè o un triac accendono e spengono il sistema su comando del microprocessore che gestisce i tempi di funzionamento in base ai parametri impostati con i comandi presenti sul pannello anteriore.
Sebbene i forni prevedano la regolazione della potenza di cottura, il magnetron viene fatto funzionare sempre a pieno regime per mantenere al massimo l’efficienza. La modulazione della potenza viene fatta regolando il rapporto tra il periodo di accensione ed il periodo di spegnimento secondo una tecnica chiamata modulazione di larghezza di impulso. Per ottenere ad esempio una potenza pari alla metà di quella massima si accende il magnetron per pochi secondi spegnendolo poi per un tempo identico e così via fino al termine del tempo prefissato di cottura.
Considerando costante l’energia irradiata dal magnetron, vi è un rapporto di proporzionalità diretta fra la massa da riscaldare ed il tempo necessario, cioè a parità di energia usata se si raddoppia la quantità di cibo inserita nel forno si impiegherà il doppio del tempo per ottenere il riscaldamento voluto, oppure a parità di energia e di tempo, il doppio del cibo si scalderà la metà.